guglielmo pagnozzi voodoo sound club

Guglielmo Pagnozzi – Voodoo Sound Club

2009

Album

  • Registrazione
  • Mix
  • Master

Guglielmo Pagnozzi – Voodoo Sound Club

Una miscela esplosiva di funk, psichedelia e musica afro unita al suono di una banda di paese. Sono questi gli ingredienti di “Mamy Wata”, il nuovo album dei Voodoo Sound Club, formazione guidata dal sassofonista e clarinettista bolognese Guglielmo Pagnozzi (già con Enrico Rava, Sangue Misto e Roy Paci) che per questo secondo disco appena uscito per l’etichetta cittadina Brutture Moderne ha scelto di avvalersi della collaborazione della banda comunale di Russi di Romagna. Un esperimento che nel 2014 vedrà il sestetto composto da Pagnozzi, Davide Angelica (chitarra), Reda Zine (chitarra, guimbri, voce), Salvatore “Messico” Lauriola (basso), Gaetano Alfonsi (batteria) e Danilo Mineo (percussioni) impegnato in una serie di concerti a Bologna e in regione insieme a questa e ad altre bande musicali. “L’idea” racconta Pagnozzi “era quella di aggiungere una sezione fiati al sestetto base. Cercavamo un impasto timbrico che non fosse quello tipico delle sezioni fiati afrobeat ma che ne conservasse il sound non troppo pulito e professionale, così abbiamo pensato al suono della banda di paese, assolutamente nostrano e Mediterraneo, tra Europa e Africa. La scelta è caduta sulla banda di Russi di Romagna diretta dal maestro Claudio Bondi grazie al nostro illuminato produttore, Andrea Scardovi di Dunastudio”.

I Voodoo Sound Club nascono come jazz band nel 2008 dall’incontro fra Pagnozzi, Alfonsi e il precedente chitarrista della formazione Lazzaro Piccolo, tuttavia, racconta il sassofonista, “dopo l’ingresso di Messico al basso e Danilo Mineo alle percussioni abbiamo cominciato a sentire l’esigenza di sviluppare la dimensione tipicamente intellettuale e riflessiva del jazz in una direzione più magico-animista e abbiamo improntato la nostra ricerca musicale verso un linguaggio più vivo dal punto di vista ritmico, una dimensione più fisica del live che coinvolgesse musicisti e pubblico in un rito musicale tale da evocare la trance tramite la ripetizione ritmica che induce il ballo. Così, inevitabilmente, siamo risaliti alle radici del jazz, che nasce come musica da ballo, e abbiamo trovato l’Africa e la musica di Fela Kuti”. Chiaramente dunque il loro intento va oltre il solo intrattenimento: “L’afrobeat è musica viva e attuale, portatrice di messaggi civili e sociali oltre che puramente estetici” sottolinea Pagnozzi “per quanto ci riguarda è stato determinante l’incontro con Reda Zine, musicista, cantante e intellettuale marocchino con il quale abbiamo finalmente approfondito l’aspetto dei testi. Come Voodoo Sound Club ci interessava infatti sviluppare un messaggio che parlasse della società in cambiamento in cui viviamo, di un’Italia multietnica e multiculturale, dove linguaggi e confini si mescolano insieme e si integrano con le altre culture del mediterraneo, Africa nera compresa”.

In questa direzione vanno anche le lezioni gratuite di musica del Laboratorio Sociale Afrobeat che Pagnozzi organizza al Locomotiv ogni domenica (momentaneamente sospese, riprenderanno con regolarità a gennaio dopo le vacanze di Natale): “un esperimento perfettamente riuscito, in tutti i suoi aspetti, non ultimo quello di favorire un incontro tra i musicisti italiani e quelli africani: tutto ciò sta diventando una realtà stabile e oltre al laboratorio musicale sono nati quello di danza e quello teatrale; inoltre abbiamo lanciato l’idea delle serate AfroSocialClub dove il Laboratorio si esibisce e ospita artisti e dj per una serata interamente dedicata all’afrobeat, all’afrofunk e alla danza afro e breakbeat. È un progetto in evoluzione, potente e bello che tramite la musica vuole diffondere il messaggio di arte e cultura come bene comune, di integrazione di linguaggi e culture”.


Guglielmo Pagnozzi – Voodoo Sound Club – Gallery


Guglielmo Pagnozzi, classe 1970, bolognese, attivo da molti anni nel panorama jazz internazionale, alla guida di clarinetto e sax alto, dopo validissime collaborazioni con artisti del calibro di Lester BowieSteve LacyPaolo FresuRoy PaciGianluca Petrella, stavolta si è impegnato in un notevole lavoro con i Voodoo Sound Club. Sulla scia di quanto dettato dal grande Fela Kuti e dall’afrobeat che ne è derivato, i VSC e il loro leader si muovono su territori jazzfunkybeat per poi meglio definire quello che è il loro intento, la ripetitività ipnotica, la riscoperta dell’aspetto più fisico e corporeo della matrice afro, gli happenings torrenziali guidati dal sax, in due parole: il voodoo jazz.  

È il sax l’eccelsa entità che invade e intensifica l’intera sostanza, attivando e dando vita a un sound che trabocca festosamente, a ritmiche che si replicano e si susseguono lasciandosi dietro solo una scia di profumi prorompenti e di colori smaglianti. Guglielmo Pagnozzi & Voodoo Sound Club, tra brani inediti e cover di Fela Kuti, Manu Dibango e Jimi Hendrix, riportano con forza il jazz sulla strada della black musicafrobeat e funk apportano suggestione primitiva e impulso ritmico mentre jazz e  sprazzi psichedelici illuminano il lato più misterioso e angosciante del voodoo jazz.  

Le effervescenti percussioni, in Afroderrick, accompagnano i prepotenti barriti di sax e trumpet, in un crescendo eccitante che procede tormentatamente stentando a trovare approdo. Tra fiati e battiti di didgeridoo e krakab si fa strada una voce femminile vigorosa e quasi profetica alla quale il sax fa ironicamente eco, rendendo Voodoo strange fruit la traccia che in maniera più evidente mostra l’intento e l’anima dell’intero progetto.  

Sound 2 mette su una fanfara caotica e impaziente, un ribollire e scalpitare di percussioni e berimbau con una durata sfiancante e pressoché infinita. Stessa strada quella di Ogun ma in chiave più elettrica e cupa. Decisamente più brillante e gradevole Leo il cui tema, nonostante venga ripetuto e rivisitato, non cessa mai di mostrarsi allettante. Mr.Pagnozzi si manifesta anche vocalmente in Music for sale adagiando parole distorte e rarefatte su un ritmo cadenzato e decoroso. Ma prima che l’ultima Voodoo strange fruit remix lasci un ricordo prettamente discotecaro, è saggio fermarsi a Slow per assaporare il tanto atteso risvolto più blues.  

G.P. & VSC riescono pienamente nell’intento di affascinare e coinvolgere in maniera insidiosa con ritmiche che si fondono e si confondono, esplodendo nella dimensione ancestrale e primigenia del voodoo jazz


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