john de leo

John De Leo

John De Leo – Il Grande Aberasse


2013

Registrazione dell’Orchestra dei Filarmonici del Teatro Comunale di Bologna


RITORNA JOHN DE LEO CON “IL GRANDE ABARASSE” TRA MUSICA E FILOSOFIA

E’ uscito ieri (7 ottobre) nei negozi e negli store digitali il secondo album di John De Leo, dopo il debutto discografico del 2008 con “Vago Svanendo”. L’ultimo lavoro, lanciato dalla Carosello Records, si chiama “Il Grande Abarasse” ma non provate a chiedergli cosa significa, vi risponderebbe “Tutto quello che pensate sia, è”. Jonh De Leo è anche questo: tanta filosofia e tante suggestioni dietro le parole e i suoni; l’unica cosa certa è che ascoltare le canzoni del suo nuovo disco diverte. Diverte perché c’è tanta, tanta musica. Lo dimostra il numero di strumenti impegnati in questo album dal sicuro valore artistico, partendo dai violini, ai sax baritono, ai violoncelli, fino alla fisarmonica, al pianoforte e tanti altri ancora; compresa l’Orchestra Filarmonica del Comunale di Bologna. Il Grande Abarasse presenta al pubblico dieci tracce per così dire ufficiali, più sei tracce “fantasma” di seguito, che non rispecchiano l’ordine dei numeri sul display (un’avvertenza per chi ascolta). Crearlo ha richiesto circa sette anni di lavoro alla ricerca del mix giusto di suoni e arrangiamenti. Mesi e mesi di lavoro sono serviti solo per la canzone “Il Gatto Persiano”, e non contiene una parola, solo la voce imitante vari strumenti musicali.

Quale genere musicale aspettarsi? Tutti e nessuno. Le contaminazioni di suono de Il Grande Abarasse sono moltissime e ben combinate. Per ammissione dello stesso artista 44enne l’album va dalla musica classica a quella elettronica modificata in tempo reale; senza dimenticare l’Indie Rock e il Jazz. Spettacolare l’uso di un distorsore giocattolo (rosa con microfono giallo): “Si tratta di un disco decisamente più Pop del precedente – ha spiegato John – se si può ancora usare questa parola; per il resto…ho voluto esagerare”. Ma cos’è il grande Abarasse? “Chi lo sa. Forse l’unica cosa certa è che si tratta di un’esplosione”. L’album nasce dalle esperienze di vita e dalle esperienze culturali vissute da John De Leo in questi anni. Moltissime le collaborazioni con personaggi del mondo della musica, da Franco Battiato, a Carmen Consoli e Ivano Fossati. Senza dimenticare le molte esperienze come promotore nel mondo del teatro e di vari progetti artistici con esponenti del calibro di Stefano Benni. Il suo primo disco, Vago Svanendo, prodotto da Adele di Palma, ha vinto il premio della critica della rivista Musica&Dischi, oltre ad essere stato presentato dal vivo a molti festival importanti.

Un ultimo consiglio. Ascoltare, e guardare, John De Leo dal vivo è uno spettacolo. L’Instore Tour dell’artista prosegue oggi a Roma, alle 18, presso la Feltrinelli di via Appia Nuova; domani a Milano, alle 18.30, alla Feltrinelli di Piazza Piemonte; e venerdì 10 ottobre, alle 18 a Bologna, presso la Feltrinelli di Piazza Ravegnana. Il suo motto? “Il rispetto per il pubblico non sta nell’accontentarlo”. Eppure ascoltarlo ci accontenta, eccome.

Francesco Pellegatta


John De Leo – I Filarmonici – Gallery


John De Leo presenta il nuovo album “Il Grande Abarasse” (da Music Attitude)

È una vera bomba il nuovo disco di John De Leo, “Il Grande Abarasse” – uscito il 7 ottobre via Carosello Records e presentato alla stampa lo stesso giorno con uno showcase tenutosi nell’affascinante cornice del milanese Teatro dell’Arsenale – proprio un “Grande Abarasse”, si dirà.

Sarà perché John De Leo è uno che a fare un disco se ci deve mettere sei anni, ci mette sei anni (il precedente “Vago Svanendo”, cui si riallaccia riprendendone il finale nell’intro “È già finita?/Il Cantante Muto”, risale al 2008), e se gli chiedi cosa si aspetta dal pubblico lui ti risponde che non si aspetta niente e che cerca solo di fare il suo lavoro nel modo più onesto possibile: «nel rispetto dell’arte e del pubblico» (e si sa, come ricorda John citando il pittore William Baziotes, «il rispetto per il pubblico non sta nell’accontentarlo»). O forse sarà perché, nonostante i meritati paragoni con Demetrio Stratos , Cathy Berberian e Leon Thomas, lui i testi dei suoi pezzi li scrive sul retro dei volantini promozionali di un famoso discount, «d’altro canto la carta non va sprecata»; oppure perché ha intitolato il suo nuovo lavoro “Il Grande Abarasse”, senza sapere nemmeno lui cosa, come o perché diavolo sia questo “Grande Abarasse” (o forse lo sa benissimo, ma ci vuole lasciare liberi di pensarla un po’ come ci pare). In ogni caso, le dieci tracce che lo compongono, assieme alle sei dell’album fantasma “The Ghost Album”, disco nel disco registrato con la collaborazione dell’Orchestra Filarmonica del Comunale di Bologna, sono l’ennesima prova dell’impareggiabile talento e dell’eccezionale attitudine alla sperimentazione dell’artista romagnolo.

Ma poi, che cos’è “Il Grande Abarasse”? Pare che il termine “abarasse” possa indicare il Caos o la Ricerca, termine caduto in disuso, oppure «la fatica di rivolgersi al Supremo attraverso codici condivisi» o ancora «l’arcaico malessere inconscio che, con l’innalzamento del volume delle radio più commerciali, non si percepisce più». Ma poco v’è di certo attorno alla natura de “Il Grande Abarasse”: «Quel poco che sappiamo è una porzione di Verità e chiunque contribuisce nel tentativo di determinarla. L’unica cosa certa (se così si può dire) è quando, nel senso che prima o poi accade e per tutti segna un momento indelebile della vita». Altra cosa abbastanza certa è che “Il Grande Abarasse” di John De Leo sia un concept album ambientato in un condominio, un microcosmo sociale, «un universo intricato: costruzioni di epoche diverse (riedificazioni che si perdono nel tempo “a memoria di storia”) convivono affastellate l’una sull’altra». Di sicuro ad ogni canzone corrisponde un appartamento e «la cosa certa in ogni brano de “Il Grande Abarasse” è un’esplosione improvvisa, materializzazione di una deflagrazione interiore la cui miccia, i ognuno dei condomini, era in realtà già accesa e che viene tradotta da differenti soggettive culturali o personali contingenti situazioni emotive».

Fortemente ispirato dall’ultima pagina de “Le Città Inesistenti” di Calvino, l’album riporta la ricchezza del concept sul piano musicale già a partire dalla scelta dell’organico impiegato, al di là dell’orchestra del “The Ghost Album”, con l’impareggiabile voce di De Leo sostenuta da un ensemble di 8 elementi (chitarra semi-acustica; pianoforte, fisarmonica e percussioni giocattolo; campionatore e chitarra elettrica; sax baritono; clarinetto basso; violino; violino, violino elettrico e theremin; violoncello): connubio esaltato dai sontuosi arrangiamenti firmati De Leo-Tarroni. L’universo musicale di John De Leo, poi, è sempre stato composito, ma qui pare proprio trattarsi di “una sorta di labirintica Babele impossibile”, dove pop, rock, jazz e classica (la partecipazione di Uri Caine in “The Other Side of a Shadow” è in questo senso una chicca), cantautorato e una passione per l’elettronica come manipolazione del suono in tempo reale, convivono sotto l’egida e in nome del “Grande Abarasse”. E non dimentichiamo che stiamo parlando di un artista che ama muoversi ai confini, non solo tra i generi, ma anche tra le discipline. Non potevano mancare dunque i consueti riferimenti letterari, oltre a Calvino, a Conrad, Beckett e Benni, alle arti figurative di Baziotes e Escher e al cinema di Pasolini, Hitchcock e Fellini, tramite l’eredità di Nino Rota.


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