Edoardo Marraffa

Edoardo Marraffa – Mrafi

2009

Album Desertificati

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Edoardo Marraffa: Mrafi – Desertificati

Il jazz, o della soda caustica.

Il quartetto guidato da Edoardo Marraffa non fa che riannodare le fila di un discorso iniziato nel 2006 con La terra di Giubba (RaiTrade), basato su un jazz contorto, arrovellato, cerebrale. Caustico, appunto. Contrazioni e distensioni, sbiadimenti e accensioni rapidissime condotte dai sassofoni abrasivi – un lanciafiamme nelle mani di Marraffa! -, dal vibrafono deflagrante di Mirra, dal contrabbasso potente e corposo di Borghini marchiano da cima a fondo il CD, impegnando l’ascoltatore non poco quanto a concentrazione.

Del resto un disco è come un libro: va letto, gustato, va capito. E questa non è musica da sottofondo.

Chi l’ascolta sa che deve abbandonarsi ad essa, entrare lentamente nelle sue maglie.

Il suono sgorga sempre potente e mai lineare da pregnanti impulsi tematici o da fantasmi timbrici evocati con sapienza (Ayler, ma qua e là sovviene l’immagine di un Carlos Ward, rimasto – peccato – sempre ai margini del Free). C’è una sorta di suono continuo prodotto dal collidere e dallo stratificarsi di masse sonore imponenti, o dall’ostinarsi di un riff, finchè non si traduce in una fenditura profonda e pulsante. Un respiro sonoro dalle mille dinamiche si traduce in una visione alta e lucida della musica. Senza se e senza ma.

Marraffa conferma – ove ve ne fosse bisogno – la stoffa di improvvisatore di grande efficacia; Mirra conferisce ai propri metalli una dimensione imprevedibile, Borghini e Calcagnile combinano gioco e spericolatezza. Sono quei giovani (i vari Sabatini, Puglisi, Gallo, De Rossi, Braida, Bigoni e molti altri) che portano avanti un’idea di jazz al passo con i tempi, memori della lezione di Schiano, Gaslini, Schiaffini, Tramontana e sodali.


Edoardo Marraffa: Press

Quelle bonne surprise que ce Mrafi transalpin! Au dèbut, tout est brut de fonte: le tènor sonne comme un baryton, l’ènergie est gargantuesque. Bref, le combo ne fait pas dans la dentelle. Petits frères de zu, version Jazz, Mrafi s’ouvre aussi à la mèlodie. Dans ces cas-là, c’est le vibraphone de Pasquale Mirra qui inique le chemin tandis que le saxophone rocailleux d’ Edoardo Marraffa cherche dans les annexes de l’harmonie un cercle à pulvèrisèr. Fiel et fracas d’un souffle surpuissant s’opposant parfois aux lignes claires du vibraphone (Chi sei), agent perturbateur d’une douceur pulvèrisèe, voici une belle dècouverte. Plus loin (Cinque e cinque), c’est l’etonnante rythmique (Antonio Borghini, Cristiano Calcagnile) qui enflamme une musique rèsolument poignante. D’autres surprises viendront que je vous laisse dècouvrir. On attend le prochain avec impatience.
Luc Bouquet, ImproJazz

Che il quartetto guidato dal sassofonista Edoardo Marraffa, con Pasquale Mirra al vibrafono, Antonio Borghini al contrabbasso, Cristiano Calcagnile alla batteria, abbia come modello l’Archie Shepp di On This Night (e dei due brani dell’album New Thing at Newport, realizzato a metà con John Coltrane) non è un mistero né un limite. Se poi di modello si tratta… Marraffa analizza e reinventa quell’età dell’oro del free, aggiunge solo qualche sprazzo dell’improvvisazione totale europea. Ha l’asprezza accorata e morbida dello Shepp migliore, non trascura, avendole introiettate e rivissute, le esperienze dei Brötzmann e dei Butcher. Ma solo un pochino di questi ultimi. Lui e i suoi compagni conoscono la sapienza della passione. Non ci sono punti deboli nei dodici brani: Mrafi è ensemble di prim’ordine che si connette a una grande stagione del jazz per mettere in rete i sentimenti trasformativi dell’oggi.
Mario Gamba, il Manifesto

Dodici paginette, una più divertente dell’altra da un quartetto di altissima qualità tecnica e humouristica. Il vertice è forse Chi sei, evidente ammicco a Monk sottolineato da Pasquale Mirra col suo vibrafono. Marraffa suona i sassofoni con la prepotenza di una lingua di ghiaccio che scavi una vallata ad U. Le sue enfasi non sono però gelate, ma non hanno se non il calore delle ultime braci. Mirra, Antonio Borghini (contrabbasso) e Cristiano Calcagnile (batteria) non sono come lui; pur se gli si affiancano bene e pur se capaci di ironia non hanno lo stesso irsuto contrasto con sé e con l’altro da sé. Poi a tratti Marraffa cede alla tradizione dello strumento, come in Freaks dove quasi sembra un bop revivalist, ma non dura niente: volti pagina e ne La casa del cattivo è di nuovo lì che vola come un angelo che abbia perduto l’orientamento.
Giampiero Cane, Alias

Freejazz aus der Frischhaltepackung entleeren vor unseren Ohren Edoardo Marraffa und sein Mrafi-Quartett aus Bologna. Die norditalienische Hochburg der Linken hält also auch für solche mehr oder weniger rebellische Musik die Ohren offen. Gleich zum Einstieg begrüßt uns eine originelle Paraphrase von „Pharaoh’s Dance“ aus Miles Davis‘ Jahrhundertplatte „Bitches Brew“, von dort vaziert die Combo durch dunkle, sehr dunkle und ganz dunkle Passagen des universellen freien Jazz, aus denen Pasquale Mirras Vibrafon immer wieder klangfarblich punktet. Das Rhythmusgespann gewährt Rückhalt, das Tempo ist stellenweise beängstigend hoch, Marraffa segelt auf den Saxofonen davon. Avanti, avanti, so soll es sein.
Freistil


MRAFI:

Edoardo Marraffasopranino, alto & tenor saxophones
Pasquale Mirravibes
Antonio Borghinidouble bass
Cristiano Calcagniledrums


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