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CantoDiscanto

CantoDiscanto – Tutto il Mondo è Paese


2010

Album

  • Registrazione
  • Mix
  • Master

Ci siamo concentrati prevalentemente sulla rielaborazione di brani da vari Paesi e di diverse epoche.
Da sempre siamo  interessati alle possibili porte di comunicazione fra le diverse culture, all’ affinità delle forme,  agli strumenti musicali che si assomigliano e dialogano secondo un principio che vorrebbe evidenziare l’armonia e non il conflitto fra le diverse culture: nella musica come nella politica e nella vita di ogni giorno.
Alcune danze celtiche e irlandesi presentano punti di contatto  coi saltarelli del Centro e con le tarantelle del Sud Italia. Certi canti popolari svedesi hanno una vocalità “portata” che è assimilabile a quella dei nostri canti a distesa. La chitarra portoghese, la chitarra del fado, ha una sonorità molto vicina a quella del mandolino e della chitarra battente.
Gli inserti in napoletano e in arabo riportano alla nostra cifra stilistica e sono il segno di una libertà inventiva che rivendichiamo alla musica.
In fondo temi, musiche e  suoni ricorrono; in fondo tutto il mondo è paese.

(Ass. Cult. Medinsud, 2010)


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CantoDiscanto Press


In un vecchio film, l’indimenticabile Totò se ne esce con una battuta sarcastica come nel suo stile:

Tutto il mondo è paese… ma qui è troppo paese!

riferendosi ovviamente all’Italia del dopoguerra. Non sappiamo se i CantoDiscanto avessero o meno l’intenzione di fare riferimento a questa libera interpretazione di un famoso detto popolare, ma crediamo francamente di no. Si dice infatti che “Tutto il mondo è paese” per indicare come certe cose accadano indipendentemente dalla latitudine o longitudine cui si faccia riferimento, e quanto siano connaturate all’individuo che ne è, consapevolmente o inconsapevolmente, attore. La libera interpretazione decurtisiana vuole, in certa misura, snaturare il senso del proverbio aggiungendo un valore di critica politico-sociale, peraltro valido –a ben vedere- anche ai nostri giorni, giocando sul doppio significato della parola “paese”, che vuol dire al contempo “centro abitato di piccole dimensioni situato perlopiù in zona rurale”, “ampia porzione di territorio caratterizzata da omogeneità di vario tipo” o “piccola comunità socialmente conservatrice in cui l’avanzamento del progresso sociale e culturale incontra straordinarie resistenze”.

Al di là di queste sottigliezze lessical-cinematografiche che lasciano il tempo che trovano, è certo che l’intenzione dei CantoDiscanto fosse semplicemente quella di contaminare musicalmente temi di canzoni o brani strumentali provenienti da varie sponde del Mediterraneo –e oltre- con altri di opposta e inconsueta provenienza. Sono loro stessi a confermarcelo nelle poche righe introduttive del libretto, quando ci informano che certe danze irlandesi presentano punti di contatto con saltarelli e tarantelle del centro-sud italiano, che la chitarra portoghese ha sonorità non distanti dalla chitarra battente o dal mandolino, che i canti dei pescatori cantano drammi in ogni angolo del mondo, che anche una “African Jig” è un obiettivo perseguibile… nonostante tutto..

CantoDiscanto è una formazione solida, musicalmente molto preparata, che nei decenni di attività non ha certo avuto la fortuna e la popolarità che avrebbe meritato. Aver avuto il coraggio di concepire e realizzare un disco inconsueto come “Tutto il mondo è paese” ne è riprova.

Come lo è la capacità di approcciarsi a diverse sensibilità timbriche e culturali con rispetto e creatività, senza mai fermarsi in superficie, ma scavando sempre alla ricerca della “nux” latina, il nocciolo dove risiede il senso vero delle cose. Ritornando a Totò e al suo “Tutto il mondo è paese… ma qui è troppo paese!”, risiede forse proprio in questo la ragione per la quale il gruppo bolognese non gode della fama dovuta: l’Italia, troppo spesso, è un “paesone”, una “piccola comunità socialmente conservatrice in cui l’avanzamento del progresso sociale e culturale incontra straordinarie resistenze”. Con buona pace del principe De Curtis, dei CantoDiscanto e della buona musica sempre più negletta. www.cantodiscanto.com.

Roberto G. Sacchi


ati nel 1983 come progetto di musica popolare coordinato dal chitarrista e cantante napoletano Guido Sodo, i Cantodiscanto vantano un articolato percorso musicale che nell’arco di oltre vent’anni li ha condotti ad esplorare e a ricercare le varie interazioni presenti tra culture del Mediterraneo, partendo dalle strutture musicali per finire con lo studio comparatistico della strumentazione. Dopo alcuni cambi di formazione, il gruppo attualmente è composto, oltre che da Guido Sodo (chitarra classica, battente e portoghese, oud, arpa celtica e voce), Paolo Caruso (darbouka, udu, hand traap-set), Ivan Valentini (sax soprano e sax alto), Frida Forlani (voce, caxixi). Il loro ultimo album, Tutto Il Mondo è Paese giunge a ben otto anni di distanza da Malmediterraneo e li vede allargare la loro ricerca sonora verso le tradizioni musicali del Nord Europa. Prede così vita un viaggio attraverso paesi ed epoche differenti nel quale i Cantodiscanto ci svelano come Nord e Sud del Mondo possano dialogare armonicamente attraverso la musica, in un fluire di suggestioni che abbatte ogni barriera e punta ad evidenziare la grande voce del popolo. Partendo da un’attenta ricerca sulla contaminazione e sulla ricerca di una perfetta alchimia di suoni, i Cantodiscanto hanno rintracciato punti di contatto tra tradizioni solo apparentemente lontane tra loro come possono essere le gighe o le danze irlandesi e il saltarello e la tarantella del Centro-Sud Italia, o ancora hanno messo in evidenza come certi canti popolari svedesi abbiano una vocalità portata che è molto vicina a quella dei canti a distesa del Salento. Ma non è tutto, perché grande cura è stata posta anche nello studio e nell’uso degli strumenti e con grande piacere si scoprire che la chitarra portoghese, tipica del fado possa essere usata come una chitarra battente o un mandolino. Durante l’ascolto brillano così brani come le splendide Bayaty, African Jig, Kalamatianòs, impreziosite dalla voce del cantante palestinese Faisal Taher, ma anche la suggestiva Sodade, l’intensa versione della ballata narrativa Cecilia e la conclusiva Pizzica di San Vito. Di grande impatto è anche la scelta di inserire il napoletano e l’arabo che rappresenta l’anello di congiunzione rispetto alle loro precedenti esperienza artistiche, ma che si inserisce perfettamente nella loro cifra stilistica nella quale creatività e rispetto per le diverse tradizioni vanno di pari passo. I Cantodiscanto con Tutto Il Mondo è Paese hanno certamente raggiunto uno dei vertici della loro vicenda artistica, e ci auguriamo davvero che questo disco possa dargli la visibilità giusta che in questi anni è mancata.

Foolk Magazine


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